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Cardiomiopatia dilatative e cicatrice ischemica
Nei pazienti con cardiomiopatia dilatativa non ischemica il riscontro con risonanza magnetica di tessuto cicatriziale nella parete miocardica aumenta il rischio di morte, almeno secondo uno studio pubblicato sull'ultimo numero di Jama. La cardiomiopatia dilatativa non ischemica, una condizione patologica del cuore che porta a dilatazione ventricolare e disfunzione sistolica, si associa a un'elevata mortalità per scompenso cardiaco progressivo (Sc), aritmie e morte cardiaca improvvisa (Scd) con un tasso di decessi a 5 anni intorno al 20%. «La stratificazione del rischio in questi pazienti si basa sulla frazione di eiezione ventricolare sinistra, che misura l'efficienza con cui il cuore pompa il sangue in circolo a ogni contrazione» spiega Ankur Gulati, cardiologo del Royal Brompton Hospital di Londra e primo autore della ricerca. Tuttavia, l'individuazione di altri fattori prognostici può migliorare la selezione dei pazienti candidabili a un defibrillatore impiantabile (Icd) o ad altri trattamenti. Tra questi c'è il riscontro precoce di fibrosi miocardica mediante risonanza magnetica cardiovascolare potenziata con gadolinio, uno specifico mezzo di contrasto. Partendo da qui Gulati e i colleghi del Brompton Hospital hanno valutato se la fibrosi miocardica poteva essere un fattore predittivo indipendente di mortalità in questi pazienti. Lo studio ha incluso 472 pazienti con cardiomiopatia dilatativa sottoposti a imaging cardiaco con gadolinio tra il novembre 2000 e il dicembre 2008, e successivamente seguiti fino a dicembre 2011. Durante il follow-
Jama. 2013;309(9):896-