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ALIMENTAZIONE E NUTRIZIONE
CENNI STORICI
Nei primi 50 anni del secolo XX il benessere nutrizionale si è diffuso a macchia d’olio e rapidamente, dagli strati sociali più ricchi alla maggioranza della popolazione. I meno abbienti che fino al secolo scorso mangiavano per sfamarsi hanno potuto scoprire e realizzare che si deve mangiare per nutrirsi.
Oggi la nuova filosofia nutrizionale è mangiare per essere in forma. Questi due diversi atteggiamenti nei confronti del cibo : mangiare per nutrirsi a mangiare per essere in forma sono il risultato del boom economico dei paesi industrializzati e del boom scientifico di questi ultimi decenni.
Ma la scienza si è incaricata, successivamente di mettere in guardia l’uomo più evoluto sui rischi dell’ipernutrizione, riconducendolo (processo è ancora attivo) ad un’alimentazione più sobria e qualitativamente migliore.
All’inizio del secolo in Italia non esiste una vera e propria unità, nemmeno in campo nutrizionale: anche il divario alimentare divide il Nord dal Sud.
Si può affermare che la Scienza dell’Alimentazione nasce con la scoperta delle vitamine; Già nel 1700 si era osservato che lo scorbuto, che terrorizzava i marinai (soprannominato anche "morbo del marinaio”) poteva essere prevenuto dagli agrumi. Ma è all’inizio di questo secolo che si rafforza l’idea che molte malattie potevano essere causate di particolari nutrienti; ma è grazie al polacco Funk che si è riuscito ad identificare le prime sostanze denominate poi vitamine (amine della vita). Questa scoperta rimase confinata al mondo scientifico fino alla fine della prima guerra mondiale, quando le vitamine furono impiegate per debellare le malattie da malnutrizione, prima fra tutte il rachitismo. In seguito la ricerca scoprì l’importanza degli aminoacidi essenziali e degli acidi grassi essenziali e, allo scoppiare della seconda guerra mondiale, i soldati inglesi e americani potevano vantarsi di possedere il “rancio dieteticamente equilibrato”.Entrava così nella cultura generale il concetto di “alimentazione equilibrata”, composta cioè da alimenti nelle proporzioni adeguate per soddisfare, non tanto la fame o l’appetito, quanto i corretti e fisiologici bisogni energetici dell’organismo. Ma già durante la prima guerra mondiale, gli italiani inviati al fronte, avevano scoperto che era necessario mangiare la carne tutti i giorni e che, della razione alimentare, il cosiddetto rancio dovevano far parte altri alimenti insoliti e in determinate quantità.
Con il benessere alimentare la statura media degli italiani aumenta, ma aumenta anche l’incidenza di infarto. La scienza comincia a lanciare i primi allarmi: l’infarto sta crescendo rapidamente in tutti i paesi industrializzati, in parallelo col crescere del benessere e degli stili nutrizionali.
Studi sempre più approfonditi, fatti su ampi campioni di popolazione, come lo studio di Framingham, rivelano che l’ipernutrizione è da considerarsi un “fattore di rischio coronarico”. Negli Stati Uniti, dove più alta è l’incidenza dell’infarto acuto del miocardio, partono le prime campagne nazionali contro l’ipernutrizione le quali vanno affinandosi man mano che si scoprono quali sono i fattori nutrizionali specifici che favoriscono il deterioramento delle arterie e, di conseguenza, ‘infarto del miocardio, l’ictus cerebrale, e quali altri fattori favoriscono altre malattie metaboliche come il diabete e l’ipertensione. Nascono così, negli Stati Uniti i Dietary Goals a favore di una dieta di grassi vegetali e contro i grassi animali, meno ricca di zuccheri e sale più ricca di fibre. Nel giro di 20 anni queste campagne producono un profondo cambiamento nelle abitudini alimentari degli americani; la mortalità da infarto diminuisce del 25%, la mortalità per ictus cerebrale diminuisce del 30%, il diabete tipo II può essere controllato, nella maggioranza dei casi, senza farmaci.
Negli ultimi 25 anni si è assistito in Italia ad una rivoluzione in campo alimentare e nutrizionale (caratterizzato da un aumento di alimenti, quali zucchero, carni e sostanze grasse) e ad un cambiamento del menù quotidiano.
Una nutrizione più ricca ha portato tangibili benefici, come l’aumento della statura degli italiani e la scomparsa del rachitismo, ma anche un aumento eccessivo del peso, nel 20% della popolazione. Le ricerche eseguite dall’Istituto per lo studio dell’obesità e dall’Istituto centrale di statistica hanno evidenziato l’aumento dei soggetti in sovrappeso ed obesi sia nei bambini che negli adulti. Il dato preoccupante è il fatto che nel caso delle donne le fasce a rischio sia per l’obesità che per il sovrappeso sono i primi 10 anni di vita e dopo i 50 anni, nei maschi l’obesità è presente nei rpimi 10 anni e, in numero inferiore rispetto alle donne, dopo i 50 anni , mentre il sovrappeso si presenta fino ai 14 anni e riprende dopo i 39 anni.
Gli ultimi dati dicono che in generale il 50% della popolazione italiana è in sovrappeso, ed il 30% sono obesi.
Da queste considerazioni è nata l’esigenza di modificare le abitudini alimentari degli italiani sin dall’infanzia proponendo direttive che fossero in grado di correggere le cattive abitudini e consigliare una più razionale alimentazione.
Nel 1985 l’Istituto Nazionale della Nutrizione ha costituito un gruppo di esperti per elaborare le Linee Guida per una sana alimentazione Italiana, che possono essere riassunti nei punti seguenti: mantenimento del peso ideale
controllo/riduzione del consumo dei grassi
ruolo dei carboidrati
riduzione del consumo di sodio;
consumo moderato di bevande alcoliche;
diversificazione della dieta
Il peso ideale
E’ ormai appurato che nei paesi industrializzati il tasso di obesità non solo è divenuto pericolosamente alto (in italia gli obesi ormai sono il 30% della popolazione con il 50% in sovrappeso), ma è in continuo aumento, e il tasso di mortalità è in stretta correlazione con il grado di obesità, soprattutto nei soggetti giovani.
La nuova classificazione dell’obesità, prende in considerazione le modificazioni morfologiche del corpo, dando molta importanza ai distretti corporei in cui si deposita la maggior parte del tessuto adiposo. Ciò in relazione alle recenti scoperte che dimostrano una differente risposta ai fattori ormonali degli adipociti. L’obesità è il risultato di un bilancio energetico positivo che causa l’aumento del peso; la dieta deve quindi essere basata sulla diminuzione dei lipidi e dei carboidrati semplici, mentre deve aumentare la quantità di proteine e di fibre alimentari. Alla dieta deve essere associato l’esercizio fisico.
Grassi
I grassi alimentari hanno un ruolo specifico che può essere così riassunto:
riserva energetica;
materiale strutturale e funzionale delle cellule, soprattutto a livello della membrana cellulare;
ruolo speciale a livello cerebrale, soprattutto in fase di sviluppo.
Alcuni grassi sono chiamati essenziali perchè il nostro organismo non è in grado di sintetizzarli e devono quindi essere introdotti con la dieta
Vengono continuativamente fatte ricerche per quanto riguarda: grassi alimentari e malattie cardiovascolari e grassi alimentari e tumori.
Per le malattie cardiovascolari sono numerose le ricerche e gli studi eseguiti in questi ultimi quaranta anni; alcuni di essi hanno dimostrato che alti tassi dic colesterolo sono strettamentecorrelati all’aumento dell’incidenza delle cardiopatie coronarich. In Italia il tasso medio di colesterolo della popolazione è aumentato dal dopoguerra in poi. Attualmente il valore è tra i 200 e i 240 mg/dl, a seconda dell’età e del sesso. I valori ideali sono nvece fra i 170 e i 200; secondo recenti ricerche valore al di sopra del livello di 200 mg di colesterolemia l’incidenza dell’infarto è in percentuale, di due punti, per ogni punto di colesterolo in eccesso.
Pertanto le raccomandazioni del mondo scientifico sono di:
controllare il propio peso e in caso di sovrappeso porre rimedio;
ridurre l’assunzione dei grassi che non devono superare il 30% delle calorie quotidiane e quelli di natura animale non devono essere superiori al 10%.
il colesterolo non deve superare i 300 mg/die.
aumentare consumo di frutta, verdura, pesce, olio e carboidrati complessi.
Un moderato aumento dei grassi mono e polinsaturi è consigliabile per la loro azione ipocolesterolemizzante.
Una ricerca condotta dal Prof. Menotti di Roma prendeva in considerazione i dati relativi a soggetti che avevano 50 anni nel 1960 e nel 1970 e da ciò si metteva in evidenza un aumento degli infarti nell’ultimo gruppo del 19%, e l’unica differenza tra le due generazione è risultata essere l’aumento della colesterolemia. Questi accorgimenti, già in vigore negli Stati Uniti da circa 30 anni, hanno dimostrato una diminuzione, nella popolazione, del colesterolo ematico e, conseguentemente, una diminuzione della mortalità da cardiopatie coronariche
Per quanto riguarda la relazione fra cancro e consumo di grassi alimentari, si studia il rapporto riguardante fra grassi e cancro del colon, della prostata e dell’ovaio. Esistono alcune ipotesi secondo le quali i grassi inducono la formazione di quantità eccessive di acidi biliari e steroli, che potrebbero subire trasformazione in sostanze cancerogene da parte della flora batterica. E’ inoltre possibile che le elevate temperature della cottura trasformino parte dei grassi polinsaturi in radicali liberi e perossidi, anch’essi ad azione cancerogena.
In Italia la quantità di grassi presenti nella dieta supera le quantità raccomandate. In questi ultimi anni il consumo dei grassi è aumentato del 40%, quello della carne e delle proteine animali del 55%, mentre il consumo del pane si è ridotto del 5%; Il risultato è stato quello dell’aumento del colesterolo nel sangue (che per fortuna non ha ancora raggiunto i livelli americani di 240 -
Bisogna valorizzare il consumo del pesce; in Italia tale consumo varia dai 7.6 kg procapite al centro nord agli 11.4 kg nelle isole, rispetto ai 51.6 kg di consumo dicarne pro-
Esistono studi attestanti che in popolazioni dove il consumo del pesce è elevato come negli eschimesi della Groenlandia (oltre 400 g a testa al giorno) si ha un tasso di mortalità per coronaropatia ridotta.
Si dovrebbe quindi diminuire il consumo di proteine animali a favore di un aumento del pesce poichè quest’ultimo è più ricco di acidi grassi polinsaturi, tra i quali l’acido eicosapentonoico.
si distinguono in:
disponibili : digeriti e assorbiti dal nostro organismo in monosaccaridi; sono zuccheri semplici come glucosio, fruttosio, lattosio, maltosio, saccarosio ; e polisaccaridi come amido, destrine e glicogeno.
non disponibili: che vengono utilizzati dagli enzimi intestinali e perciò non sono assorbiti. Sono però in parte trasformati dalla flora batterica intestinale in lattato e acidi grassi a catena corta che possono assorbiti e metabolizzati (fibra alimentare: legnina e polisaccaridi non idrolizzati dagli enzimi del tratto digestivo).
Il glucosio è essenziale per i bisogni energetici dell’eritrocita e delle cellule del sistema nervoso centrale che, essendo sprovviste del ciclo di Krebs non possono utilizzare gli acidi grassi come fonte di energia. Ad un adulto sono necessari circa 180 g di glucosio al giorno, di cui e 140 per il cervello e 40 per gli eritrociti. La quantità di glucosio sintetizzata direttamente dall’ uomo varia a seconda delle situazioni metaboliche ed è massima durante il digiuno con una produzione di circa 130 g di glucosio al giorno, quantità che sarebbe insufficiente alle richieste di base dell’organismo. La carenza di carboidrati nella dieta determina nell’organismo la produzione di energia a partire dagli acidi grassi, con conseguente accumulo di corpi chetonici; successivamente per far fronte ai propri bisogni energetici viene accelerata la demolizione delle proteine tissutali e alimentari, col risultato di una perdita di cationi e disidratazione. Questi stessi effetti sono dati da una dieta ricca di grassi.
Fibre
Da recenti studi si è osservato che l’alto contenuto di fibre induce un miglioramento del controllo glico/metabolico (rilievo della glicemia post/ prandiale e del profilo glicemico giornaliero). Si è dimostrato anche che gli effetti delle fibre sul metabolismo dipendono non solo dal tipo di fibra, che può essere solubile in acqua o insolubile, ma anche dall ostato fisico in cui si trova la fibra stessa e si è dimostrato che il miglioramento era migliore se la fibra aveva subito minore manipolazioni.
I possibili meccanismi di azione delle fibre sull’assorbimento degli zuccheri sembrano essere, per le fibre solubili in acqua, la formazione, a livello gastrointestinale, di soluzioni viscose che rendono più difficile il passaggio delle sostanze nutritive dal lume alla mucosa intestinale; mentre per le fibre insolubili si presuppone che aumenti la velocità di transito intestinale, con una riduzione, quindi , del tempo di assorbimento.
Solo alcuni tipi di fibre, come gomme, mucillagini e pectine, influenzano l’assorbimento di acidi grassi, carboidrati, sali biliari e colesterolo.
In uno studio si è evidenziato che pazienti diabetici che eseguivano dieta ricca di fibre idrosolubili avevano migliorato (abbassato) i validi di colesterolo e glicemia rispetto ad un gruppo campione.
Le fibre determinano anche un maggior senso di sazietà, specie fibre idrosolubili, rallentando lo svuotamento gastrico. L’aggiunta di fibre ai carboidrati produce una migliore tollerabilità di glucidi e grassi e quindi una riduzione di produzione di insulina, che ha una grande importanza nella regolazione della sazietà e della fame.
Sale
Il consumo di sale in Italia è di circa 14 grammi a testa al giorno, molto più del necessario, dato che il sodio di cui abbiamo bisogno è già presente naturalmente negli alimenti. Fino a poco tempo fa si riteneva che un eccessivo consumo di sale, soprattutto di sodio, favorisse l’insorgere dell’ipertensione, per questo motivo nelle linee guida era consigliato il controllo del consumo di questo alimento.
Recenti studi hanno però messo in discussione la relazione tra eccessivo consumo di sodio e ipertensione.
Alcool
Pur non essendo un laimento indispensabile, viene consumato in grandi quantità nel nostro paese (siamo infatti ai primi posti nei consumi mondiali ). Per ogni grammo di alcool si sviluppano 7 calorie e viene assorbito molto velocemente rispetto ad altri alimenti, e a stomaco vuoto, entra nel cirvolo sanguigno dopo 15-
Piccole quantità di bevande a basso tenore alcolico possono facilitare la digestione, viceversa dosi elevati hanno effetti nocivi (dipendenza, epatopatie, danni cerebrali, ecc.)
Nel prossimo futuro sicuramente si acquisiranno altre utili informazioni in tema di alimentazione; dall’inizio dle secolo scorso si sono acquisite nuove conoscenze e da Galeno ad Haldane si sono poste basi conoscitive importanti, come il bisogno di azoto proteico, il ruolo degli aminoacidi essenziali, delle vitamine e pro vitamine, bioelementi.
Soprattutto negli ultimi 50 anni si è evidenziato la conoscenza del bisogni quantitaviti e qualitativi dei nutrienti in relazione all’età, al sesso, all’ambiente, alle condizioni di lavoro. Studiando le condizioni cliniche di malnutrizione grave (pellagra, scorbuto, carenza proteico-
Dall’inizio del secolo scorso gli alimenti che possiamo fruire sono diversi e globalmente il bilancio è positivo, ma per alcuni particolari invece il valore nutritivo è ridotto o per lo meno modificato. I contenuti vitaminici, minerali, e d ialtre biostrutture, ad esempio fosfolipidi, sono ridotti. La maggiore disponibilità di alimenti per varità, quantità e costi ha favorito i consumi in crescendo (tolto il periodo bellico) favorendo la scomparsa delle grandi patologie dacarenza (pellagra, scorbuto), innescando però patologie da eccesso e squilibrio alimentare interessanti malattie del fegato, apparato gastroenterico, reni, sistema cardiovascolare, dismetabolismi, obesità e ipertensione. L’evoluzione dei consumi, per il modo di come si è instaurata è ora fattore di rischio.
Le conoscenze scientifiche attuali permettono di correlare la nutrizione con prcessi immunitari, col controllo della fame, e della sazietà, con le precise esigenze del bambino, del giovane, della gravida, dell’adulto, dell’anziano, ecc.
E’ possibile, con scelte razionali, controllare il peso corporeo, l’equilibrio ormonale, funzionalità del tubo digerente, del fegato, del pancreas, dei reni.
E’ possibile intervenire efficacemente in malattie come diabete mellito, allergie, ipertensione, fruendo meglio dei comuni alimenti.
Il futuro è lontano e imprevedibile, ma si prevedono eccellenti prospettive. la medicina preventiva deve guardare avanti nella dietetica con grande rispetto e l’uomo deve ricevere informazioni e stimoli per uscire dal consumismo assurdo nel quale oggi si trova.
Per dimostrare come e dove l’evoluzione alimentare è da considerare in relazione al significato nutrizionale si possono fare alcuni esempi:
Tecniche analitiche sempre più sofisticate e condizioni sperimetali accezionali hanno permesso di dimostrare scientificamente la necessità nutrizionale del MOLIBDENO, SELENIO, CROMO, NICHEL, VANADIO, SILICIO, ARSENICO, di stabilire le quantità utili, i danni da carenza e quelli da eccesso.
L’apporto razionale di questi bioelementi è risultato di rilevante beneficio in alcune forme di cancro, aterosclerosi, ipertensione, artriti, lupus eritematosi, sclerosi multipla, SLA.
I FOSFOLIPIDI:
L’uomo assumeva prima dell’era industriale cinque volte più fosfolipidi di oggi. Recentemente è stato constatato che l’assunzione di queste biostrutture è utle:
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Sembra doveroso affermare a questo punto che mentre l’integrazione alimentare con lecitina è sicura e utile per quasi tutte le persone in età, il pensare ora all’assunzione di aminoacidi liberi o piccoli peptidi per facilitare la sintesi dei neurotrasmettitori è prematura, il loro assorbimento potrebbe essere molto rapido e tale forse da generare turbe dell’omeostasi; ciò è oggetto di ricerca di vari gruppi internazionali.
GLI OLI:
Bisogna sapere che:
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Oggi è grande l’interesse per gli oli ricchi di acido linolico come il vinacciolo, il mais, il girasole.
Nel prossimo futuro l’attenzione si sposterà su oli miscelati contenenti un particolare acido linoleico (c18:3u3) che può svolgere una netta azione antitrombogena soprattutto nell’adulto e nell’anziano.
L’aumento del tenore di vita, consumi sempre più elevati di alimenti ad alta concentrazione energetica, la riduzione delle necessità energetiche, specie muscolari, per la sempre maggiore diffusione delle macchine e del condizionamento tecnico degli ambienti di vita e di lavoro, non compensata da un aumento dell’attività fisica nel tempo libero ed infine, l’inurbamento di grandi masse di popolazione, hanno portato alla comparsa di tutta un’altra serie di non semplici problemi. Il consumo, per esempio, degli alimenti lontano dai luoghi di produzione ed il necessario ricorso alle più diverse tecniche di conservazione, ha comportato una riduzione del loro valore nutritivo, e la raffinazione dei cibi ha determinato un ulteriore impoverimento di tale valore, unitamente ad una modifica dell’equilibriodei valori nutritivi. Assai significativo, infine, è il rilievo che:
circa 25 anni fa il 23% delle donne voleva dimagrire, 10 anni fa la percentuale era già salita al 47%; e, oggi quasi 6 donne su 10 (57%) sono insoddisfatte del proprio peso e desidererebbero diminuirlo. Anche gli uomini desiderosi di perdere peso, che dieci anni fa erano il 33%, oggi sono saliti al 43%.
A questo punto bisogna ammettere che la popolazione è sovralimentata, male alimentata ed esiste una malnutrizione per eccesso calorico e lipidico, una malnutrizione per difetto vitaminico, minerale ed in fibra, ed una alimentazione inquinata e contaminata.
CIBI IMPOVERITI
Con i vari sistemi tecnologici di conservazione, si verifica una considerevole perdita vitaminica, legata a diverse tecniche di conservazione, il contenuto vitaminico finale è ridotto a quantità addirittura trascurabili, pari cioè al 6%. Nel caso dei cereali, il processo di raffinazione, comporta una perdita notevole di contenuti non solo vitaminici, ma anche in sali minerali (es. il pane bianco rispetto al pane integrale ha basso contenuto di vit. B1, B2, PP, ma anche di Ferro). Naturalmente si ha anche un impoverimento di fibra, cioè della componente indigeribile della dieta, con susseguente ritardo del segnale di sazietà rispetto ad un concentrato energetico elevato in un basso volume. a tutto ciò è da aggiungere che, molto spesso, per la vita frenetica e stressante che caratterizza la società meccanizzata, si è portati a mangiare con voracità e in fretta, ma il segnale di sazietà da ripienezza gastrica interviene circa 20 minuti dopo che si è verificata una consistente assunzione di cibi, cioè in ritardo e dopo un’introduzione esagerata di principi nutritivi energetici. Infine la mancanza fi fibra grezza, quindi la ridotta volumetria, comporta un tempo di svuotamento gastrico accelerato: ne consegue che si è portati ad introdurre più rapidamente ed in tempi più brevi, altro cibo. In definitiva, l’apporto di calorie è notevolmente aumentato e superiore ai fabbisogni, perchè gli alimenti sono dei concentrati energetici e tutto questo può essere alla base o contribuire alla più frequente insorgenza delle cosiddette malattie del benessere: obesità, diabete, dislipidemie, ecc..