Chirurgia bariatrica, prima scelta nei pazienti diabetici obesi
La chirurgia bariatrica dovrebbe essere considerata in prima istanza nel trattamento dei pazienti diabetici e obesi, e non rimandata come ultima possibilità, al fine di limitare le gravi complicanze che possono derivare dal diabete di tipo 2. È la posizione ufficiale dell'International diabetes federation (Idf), che ha convocato un gruppo di esperti internazionali - tra i quali Francesco Rubino, direttore del Programma di chirurgia gastrointestinale metabolica del Weill Cornell medical college di New York e ricercatore dell'università Cattolica di Roma - con l'obiettivo di: sviluppare raccomandazioni pratiche su selezione e gestione dei pazienti, identificare le barriere all'accesso chirurgico, suggerire politiche sanitarie che garantiscano accesso egalitario alla chirurgia, identificare le priorità per la ricerca. «L'introduzione della chirurgia come legittima opzione nei protocolli terapeutici del diabete di tipo 2 cambia il modo di concepire la cura di questa malattia» afferma Rubino, coautore di una presentazione sul tema apparsa su Lancet. «Quando esercizio fisico, dieta e farmaci non sono sufficienti, bisogna valutare le caratteristiche del paziente e il grado di obesità per verificare se esiste indicazione all'intervento». In particolare l'Idf ha stabilito che la chirurgia bariatrica è appropriata per i diabetici obesi che non raggiungono i target raccomandati con le terapie disponibili, specie in caso di comorbilità (ipertensione, dislipidemia o apnea notturna), e che dovrebbe essere sempre considerata come opzione nei soggetti con indice di massa corporea (Bmi) superiore a 35 (kg/m2) oppure compreso fra 30 e 35 se il diabete non è controllato da una terapia ottimale. L'intervento, si legge, può portare a una cospicua perdita di peso e alla scomparsa del diabete in molti casi, a un miglioramento del controllo metabolico a 2 anni nel 72% dei pazienti e a 10 anni nel 36%; inoltre ha un rapporto efficacia-costo favorevole e un profilo di sicurezza accettabile, anche se l'Idf raccomanda l'esecuzione di studi per precisarne l'outcome a lungo termine.
Lancet, 2011; 378(9786): 108-10